La teoria eventualista, che ho formulato lentamente in tanti anni di lavoro artistico e scientifico,
potrebbe essere desunta dai fatti, potrebbero essere illustrate prima le opere delle quali poi
l’eventualismo sarebbe solo un’interpretazione. In tal modo sarebbe lasciato libero il lettore di farsi
una sua teoria interpretativa, che solo in un secondo momento verrebbe confrontata con la mia. Ma
per varie ragioni preferisco affrontare subito il nocciolo della questione, anche a rischio di
influenzare la libertà interpretativa del lettore. Sono consapevole che in questo modo assecondo
l’atteggiamento cauto dei critici d’arte, i quali mi rimproverano che, dando io stesso l’interpretazione
“autentica” del mio lavoro, mi sottraggo al loro potere (Calvesi et al. 1995). Al contrario invece io
credo che svelando subito il mio modus operandi “dall’interno”, apro la strada a interpretazioni più
profonde e più interessanti, delle quali i critici d’arte dovrebbero essere i protagonisti più validi. Del
resto sarebbe triste se l’interpretazione dell’arte si limitasse a quello che dice l’artista, oppure a
un’interpretazione unica, autentica e definitiva. Se così fosse, l’interpretazione invece di arricchire
l’opera la svuoterebbe, banalizzandola e riducendola a un “evento saturato”. Preferisco dunque
seguire la via più breve e più chiara, affrontando prima il nucleo teorico del mio lavoro, poi
spiegando le opere nel loro svolgimento cronologico alla luce di quelle che erano le mie intenzioni
teoriche. Infine il lettore, disponendo di tutti gli strumenti necessari, potrà proseguire e approfondire
la ricerca da me iniziata nella direzione che riterrà più opportuna. Ecco allora i concetti
fondamentali dell’eventualismo.